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Una riflessione che ci aiuta a incarnare l'esperienza della Pasqua attraverso l'esperienza della missione.
Sr Rosalba Scatturro ci fa entrare con delicatezza nelle storie delle donne vittime di violenza.
È come una quaresima lunga 13 mesi questo tempo che vede il nostro paese soggiogato dal virus SARS-CoV-2. La Pasqua e il Natale 2020 hanno rinfrancato il cammino come manna in mezzo al deserto ma la strada per l’uscita definitiva sembra ancora lontana. Noi religiose siamo state e siamo, anche stavolta, fortunate: i nostri “conventi” spaziosi e comodi hanno allentato le tensioni anche se, ed è vero, l’astinenza dalla linfa relazionale ha fatto la sua parte. Ma Dio, Lui c’è sempre stato…tutti i giorni, con la sua Parola dolce e amara allo stesso tempo.
Io, continuo a ringraziare nonostante tutto. Qui, al Centro d’Accoglienza per donne in difficoltà, dove la nostra comunità è inserita, non è cambiato nulla, a parte l’indossare la mascherina, igienizzare spesso mani e ambienti e mantenere la distanza di almeno un metro. Prenderci cura delle mamme con i loro figli, delle ventenni che qui si rifugiano è nostro pane - e pena – quotidiano, sufficiente per tornare ad aprire gli occhi con speranza il giorno successivo. Vivere insieme a donne e bambini feriti che lottano tutti i giorni con i loro mostri interiori - ed anche esteriori, quando il marito, il compagno o il papà gira ancora a piede libero - è paradossalmente una grazia. Sì, quando ti trovi accanto ad una giovane vita con diverse cicatrici aperte, due sole cose puoi fare: chiudere gli occhi e voltarti dall’altra parte, o vedere in quei tagli, in quella croce la possibilità di un riscatto.
Il nostro lavoro è difficile e di errori ne commettiamo tanti. Non è semplice camminare sottobraccio con la delusione, il dolore, la solitudine, un futuro sbiadito. Il nostro lavoro è di color viola, come la quaresima: tutta una semina piena di speranza. Non sempre vediamo i germogli, ma dei semi conosciamo le potenzialità. Perciò, vivere qui nel Centro di accoglienza è anche vivere placidamente l’attesa della risurrezione, della morte che si trasforma in vita. Un’attesa silenziosa, sorpresa talvolta da un sorriso improvviso, da un “grazie” sincero, da un pianto autentico, da un lasciar cadere per brevi istanti la maschera che copre la vergogna. Non è leggero stare accanto a donne così tanto provate.
La nostra cultura ci spinge a stare lontani dal dolore, a cercare la “felicità” a poco prezzo rubandola qua e là; ma la vita qui al Centro è necessariamente controcorrente, fuorimoda. Il percorso che proviamo a fare con le ospiti, ne siamo consapevoli, è in salita ma un giorno saprà fare gustare la gioia della resurrezione. Siamo fiduciose; lo abbiamo visto. E a Valentina che ha ancora tanto da camminare per riuscire a tenere con sé sua figlia, noi le parliamo di Alessia che, seppur lontana dai propri cari, adesso vive in un monolocale e cresce i suoi figli che finalmente ora, la riconoscono e chiamano “mamma”; di Maria che ha trovato lavoro, un compagno rispettoso e buon padre per sua figlia; di Lina che ha trovato lavoro, casa e sta crescendo due figlie meravigliose. Sì, risorgere è veramente possibile. Ma è importante che qualcuno lo ricordi; che qualcuno racconti di Alessia, di Maria, di Lina e di tante altre, magari prima di andare a letto, per scacciare dal buio i fantasmi del passato e fare spazio a sogni inediti, possibilità nuove. Qui al Centro noi operatrici lavoriamo affinché di notte Valentina e le sue compagne comincino a credere nei sognare.
Rosalba Scaturro csj