Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento del sito. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.
Sr Ieda Tomazini, consigliera generale della Congregazione delle Suore di San Giuseppe di Chambéry, si trova bloccata in Brasile - suo paese natio - a causa della pandemia. Ci racconta come il suo Paese sta vivendo questa tragica esperienza.
Sono in Brasile dal 4 ottobre 2020, a causa del lockdown. Questo mi ha permesso di vedere dall'interno del contesto sociale brasiliano l'impatto del COVID-19 sulla vita delle persone e l'incuria politica nell'affrontare una pandemia che sta falciando migliaia di persone ogni giorno in modo crescente, spietato e disastroso.
Da più di un anno, come altre nazioni, il popolo brasiliano sta combattendo un'ardua battaglia contro il coronavirus. È un nemico invisibile che sta provocando un cambiamento nelle abitudini e nella cultura delle persone, oltre a mietere migliaia di vite ogni giorno, con una media di 1700 morti al giorno. Ciò ha causato la chiusura delle scuole, l'interruzione del mercato economico, la conseguente perdita di reddito, la perdita di posti di lavoro e la fame.
Il governo centrale del Brasile ha adottato una politica negazionista per affrontare la crisi, rinviando agli stati e ai comuni le misure da adottare in base alle loro realtà e alla dimensione della crisi. Ciò ha generato un disallineamento di posizioni e azioni, favorendo direttamente e indirettamente la crescita della pandemia e dimostrando che i danni sono aumentati nelle regioni dove c'è stata una maggiore divisione tra sostenitori e detrattori delle misure preventive.
Un governo che ha sempre sostenuto trattamenti senza prove scientifiche e ha criticato i vaccini e l'isolamento sociale.
Le cui azioni interventiste si sono mosse solo nella direzione economica, cercando di preservare la legge del mercato, spinta dagli aiuti di emergenza che hanno mosso l'economia e il tentativo di mantenere i posti di lavoro con misure per rendere i contratti di lavoro più flessibili. A ciò però non si è allineata la preoccupazione per la difesa della vita, anzi si coglie un certo disinteresse per le persone che hanno perso i familiari a causa del covid 19, per il recente crollo del sistema sanitario, causato da errori nella distribuzione delle forniture alle strutture ospedaliere, e tanto più poi per l'uso di un mascherina, il distanziamento sociale e le norme per la sanificazione.
Sono poche le azioni di prevenzione e cura che sono state realizzate, e solo da alcuni stati e comuni che, tenuto conto delle evidenze scientifiche, hanno aperto la strada per una cooperazione e il rifornimento di vaccini, medicinali, kit per l'intubazione, e tante altre necessità per fronteggiare l'emergenza.
Proprio perché ci sono poche informazioni tecniche e scientifiche sul Covid-19, ci si aspettava che i leader assumessero veramente
un loro ruolo di guida nell'affrontare la crisi e non si nascondessero dietro gli interessi dei partiti politici, trasformando il virus in un'arma ideologica per mantenere il potere. Invece, è questo quello che accadde nel governo centrale e tra i suoi alleati, supportati dal sostegno della vecchia politica che continua a prevalere in Brasile.
Una politica di dominatori che usano la macchina statale per perpetuare lo status quo mentre i dominati si perdono senza voce e senza tempo davanti al sistema, che davvero non dà spazio alle minoranze, dividendo e intensificando il clima tra i gruppi sociali.
Indubbiamente, ci sono molti e visibili segni di solidarietà in tutto il Paese, ma l'esaurimento e l'insicurezza, mostrano anche paura e danno voce ad una sorta di grido silenzioso o, forse è meglio dire, che si vuole mettere a tacere.
Ieda Maria Tomazini csj