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In Brasile, su 100 persone assassinate, 71 sono persone di colore. Negli Usa, nel 2015, 37% delle persone disarmate uccise dalla polizia americana erano afroamericani. In Europa, 2% delle persone di colore sono state vittime di violenza razzista da parte di un poliziotto negli ultimi cinque anni. In Brasile, i morti per assassinio tra i giovani afroamericani sono due volte e mezza di più dei giovani bianchi. Negli Usa, i neri hanno tre volte di più la possibilità di essere uccisi dalla polizia rispetto ai bianchi. In Europa, 1 nero su 4 sono stati fermati in un posto di blocco della polizia. Nello Stato di Rio de Janeiro, i neri compongono l’11% della popolazione, ma sono 32,4% gli uccisi dalla polizia. L’Italia ha il maggiore tasso di discriminazione tra quelli che sono stati fermati dalla polizia: 60% dei casi.
Le Congregazioni di San Giuseppe condanna tutte le forme di razzismo e di xenofobia, dovunque si manifestino e in qualunque forma si esprimano e in particolare, in questo momento, il razzismo istituzionale contro persone di origine africana, come dimostra l’omicidio di George Floyd.
Secondo quanto dichiarato lo scorso 17 giugno dalla Vice Segretaria Generale, Amina Mohammed, a nome del Segretario Generale Antonio Guterres, il razzismo strutturale è endemico, si estende lungo tutta la storia e attraversa le frontiere di tutto il mondo. Sosteniamo l’appello dell’Alto Commissario dei Diritti Umani, Michelle Bachelet, a partecipare a «un’azione decisiva… per lottare contro il razzismo onnipresente che corrode le istituzioni governative, radica le disuguaglianze ed è alla base di molte
violazioni dei diritti umani». Riconosciamo che il razzismo fa parte di numerose nostre pratiche istituzionali che sono segno di disuguaglianza, dall’educazione alla sanità, all’applicazione non uniforme della legge.
Sosteniamo la raccomandazione del Consiglio dei Diritti Umani A/HRC/43/L.50 che chiede la creazione di una «commissione d’inchiesta internazionale indipendente, incaricata di stabilire fatti e circostanze relativi al razzismo sistemico, alle presunte violazioni del diritto internazionale relativo ai diritti umani e agli abusi commessi contro gli africani e le persone di origine africana negli Stati Uniti d’America» e
altrove. Presenti in più di 40 Paesi nei cinque continenti, ci impegniamo a lavorare a livello locale, nelle città e nei Paesi in cui siamo presenti, con le Nazioni Unite, per cambiare le strutture economiche, culturali e sociali là dove sono presenti il razzismo istituzionale e la xenofobia.
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